martedì 22 novembre 2011

Terza Giornata della Coscienza Nera

La Terza giornata della Coscienza Nera è piena di calore e di colori, nonostante che all’inizio la sala mi paia gelata, con i bocchettoni del riscaldamento che sembrano sputare aria fredda. Con la mia giacca e il cappotto di Marta sulle spalle, mi sistemo: astuccio, macchina fotografica, fogli per gli appunti …


Il convegno viene ufficialmente aperto da Maria Eugenia Esparragoza che dopo aver fatto gli onori di casa, illustra al numerosissimo pubblico accorso il perchè della commemorazione della Giornata della Coscienza Nera e descrive i fatti salienti della sua storia, dando quindi il via al dibattito.
  Apre la discussione Amina di Munno, una persona squisita che è stata la mia prof di letteratura lusofona all’università. Parla della storia e del mito di Zumbi, lo schiavo che fondò e diresse una delle comunità autonome che più resistettero contro l’oppressione del padrone bianco: un simbolo per tutti gli afro-discendenti (non solo brasiliani), una figura dell’immaginario che torna come una costante nella letteratura, nell’arte, nella musica e nella tradizione popolare.
Il discorso della professoressa Luisa Faldini, altra mia conoscenza, è perfettamente concatenato: il candomblé, in quanto culto “pagano e primitivo”, fu perseguitato sia a livello istituzionale che ecclesiastico dato che si pensava che fosse legato al Diavolo, ma riuscì a superare le censure insinuandosi nei vuoti  politici e nelle carenze del sistema sanitario brasiliano degli anni Venti e Trenta, affermando un modello inedito di partecipazione attiva. Un processo che ha consentito gli sviluppi più recenti e l’affermazione della componente nera della società brasiliana, come riporta dettagliatamente Manuela Magalhães dell’Assocaiazione Luanda; un modello ripreso e riconosciuto da Enelia Salinas, donna afro-colombiana e sindaco del paesino di Caldono, in una delle zone più travagliate dell’America Latina (nel vivido ritratto delineato da Mayela Barragán).

Ovunque l’arrivo degli schiavi ha arricchito la cultura locale in tutte le sue forme, creando nuovi orizzonti di dialogo. È questo il messaggio che passa come un filo conduttore attraverso tutti gli interventi. Ogni relatore racconta un viaggio – personale o collettivo, particolare o globale – e un intreccio dalle radici profonde che ha generato espressioni e stili originali: le peculiarità delle comunità afro-ecuadoriane visitate da Antonio García della USEI (Unione di Solidarietà Ecuadoriani in Italia) o i ritmi tribali e andini del gruppo Perú Negro (peccato non aver potuto vedere il video preparato da Carola Osores, bloccato da una sequela sfortunata di problemi tecnici!).
Qui sta il senso dei contributi di Carla Guerra – che descrive con passione la sua Angola – o di Sandra Andrade – che traccia una breve storia di Capo Verde come realtà insulare.
 Sulla stessa scia prendono la parola Elva Collao, una pedagogista peruviana, e l’etiope Berche Kidane dell’Associazione Mabota per l’integrazione dei neri in Italia. L’incontro è la sottotraccia delle esperienze sul campo delle organizzazioni che si occupano d’integrazione e di sensibilizzazione allo scambio culturale. Masengo Ma Mbongolo, che rappresenta Malaki Ma Kongo, riferisce divertito di una curiosa gara di “fusione” tra baccalà alla vicentina e baccalà alla congolese e di mille altri progetti in giro per il mondo per testimoniare l’avventura di un percorso “dal Kongo (con la K) al Congo (con la C)”. E poi ci sono Carla Peroleiro, direttrice e ideatrice dello spazio Suq di Genova, Serena Ospazi del Ufficio Nazionale anti razzismo e Stefano Caterino  dell’Associazione Shangó ,che porta avanti il lavoro di life coach applicato a piani di cooperazione e sviluppo (il che suona un po’ strano in questo contesto decisamente “made in U.S.A”). Ciascuno ha un’esperienza da condividere e le osservazioni puntuali della moderatrice, Laura Pesce, aiutano a mantenere saldo il timone in un mare d’informazioni interessanti. Scrivo velocemente per quattro ore di fila, quasi senza fermarmi (solo un po’ d’acqua mentre, in una pausa riempita da una performance musicale per voci emozionanti e percussioni africane, passavano  vassoi di focaccia e caffè)!
È soprattutto sul tema dell’identità ridefinita in senso ampio, sociale e storico, e non più solo territoriale o nazionale contemporaneo, che si leva la voce potente e critica di Udo Clement Enwerezor membro nigeriano del COSPE, arrivato da Pisa.
La mattinata si chiude con le fantasie vivaci e i prodotti tipici mostrati nella piccola sfilata finale. I costumi indossati con eleganza allegra dalle ragazze sono stati ideati da Carla e sono una gioiosa mescolanza di estetiche africane e americane.  Maria Benicia de Jesus, la presidente dell’Associazione Luanda, è raggiante, fasciata in un motivo di triangoli verde-oro: l’evento è stato un successo. Prima di andare via osservo per un attimo le persone che si assiepano nella stanza: vedo italiani – studiosi o semplici curiosi – e neri di diverse provenienze che, con la loro sola presenza, testimoniano la dimensione multiforme della diaspora; e infine, per colmo di casualità, scopro che la signora accanto a me – abito a stelle argentate e accessori di Hello Kitty – è una giapponese che da anni vive in Liguria!